Ho letto “Ninfa dormiente” di Ilaria Tuti

La Ninfa dormiente non era un’opera aberrante dipinta con la morte, ma il ritratto di un amore perduto per sempre, un atto disperato per tenerlo accanto a sé.
Aspettavo al varco il secondo libro di Ilaria Tuti tanto mi aveva convinto il primo, Fiori sopra l’inferno. La scrittrice di Gemona del Friuli ha delle carte interessanti da giocare, prima fra tutte la sua terra, ricca di panorami suggestivi e di atmosfere in cui si incastra perfettamente la trama di un thriller. In più padroneggia alla perfezione il folklore locale e se nel libro precedente c’erano i krampus, abitanti travestiti da diavoli della zona di Tarvisio, qui c’è il resiano, dialetto (o lingua?) della Val di Resia. Insomma, nei libri di Ilaria Tuti si impara anche di antropologia e filologia. Ninfa dormiente ci riporta ai due personaggi principali creati dalla scrittrice e tutto fa pensare a una serialità, sempre che il commissario sessantenne Teresa Battaglia, la cui salute è fortemente minata dal diabete, sia ancora in grado di svolgere il suo lavoro anche nell’eventuale terzo thriller. Io me lo auguro. L’altro è il suo giovane collaboratore Massimo Marini. Nessuno dei due è originario del Friuli e in quella regione sono un po’ come pesci fuor d’acqua. Compongono però una delle più interessanti coppie di investigatori apparse recentemente  in letteratura. Il loro rapporto è quasi filiale, ma lo negano fortemente. Hanno i loro segreti e sono impegnati a difenderli con vigore, come direbbe Vasco ognuno a rincorrere i suoi guai…  ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi. Questa volta Ilaria li fa aprire un po’ di più e allora comprendiamo meglio le momentanee defaillance di Teresa e i turbamenti familiari di Massimo.
A renderla consumata nell’aspetto non erano i quasi sessant’anni, ma un tormento interiore che per Massimo non aveva ancora un nome e che sembrava trovare riflesso nel taccuino che lei stringeva sempre tra le mani.
Il caso da risolvere è un cosiddetto cold case e affonda le radici niente meno che nel periodo dell’occupazione nazista e della Resistenza. Situare romanzi di finzione tra oggi e settanta e più anni fa sta diventando una consuetudine di molti scrittori. Nella fattispecie viene ritrovato un quadro di un noto pittore, appunto la ninfa dormiente, dipinto a sanguigna (ematite). Un esame scrupoloso rivela che non già del materiale ferroso si tratta, ma proprio di sangue. Il collegamento tra il pittore, che fu partigiano, e il periodo della Resistenza è inevitabile. La soluzione è da ricercare tra i boschi che ricoprono quelle valli impervie e inaccessibili, tra i pochi partigiani superstiti e comunque i valligiani quasi centenari, tra i figli e nipoti dei protagonisti di allora. Bisogna frugare nella memoria della gente.
Teresa sapeva che il processo mnemonico non è riproduttivo, ma ricostruttivo. Aveva imparato che per ricordare il cervello ricostruisce ciò che ha vissuto.
Il sangue era di una giovane donna uccisa nel 1945 il cui corpo non è stato mai trovato. Qualcuno ha interesse che non si scopra nulla, su quei fatti deve rimanere la spessa coltre di polvere che vi si è depositata nei decenni.
Fin qui nulla da eccepire. Posso anche accettare che in quella lontana notte di tragedia qualcuno nel bosco suonasse al violino il Trillo del diavolo di Tartini. Una sorta di diabolica colonna sonora di tutta la vicenda. Non mi sono più ritrovato invece nel momento in cui il romanzo ha piegato verso l’esoterismo e lo sciamanesimo, la Bestia e il Male. Posso comprendere che nelle valli alpine si tramandino certe pratiche al limite del soprannaturale. Ma a mio parere Ilaria Tuti calca troppo la mano su questi aspetti.
Ho trovato molto interessanti le figure di Blanca e del suo cane Smoky. La ragazza è una non vedente che ha sviluppato un rapporto straordinario con il cane, addestrato a riconoscere e seguire in maniera precisa l’odore del sangue e delle ossa, pezzi e non cadaveri interi cosa che il meticcio è comunque in grado di fare. In appendice la scrittrice ci informa di essersi ispirata a figure reali: una coppia cane e padroncina chiamata spesso in forma ufficiosa a dare una mano a investigatori.
L’editore ha puntato forte su questo libro. Ninfa dormiente è nelle vetrine di molte librerie, lo si nota nelle pile di libri negli autogrill, sta scalando le classifiche dei thriller da spiaggia.
“Siete voi che dovete stare attenti, perché certi rigurgiti fascisti io li vedo, ce li abbiamo sotto gli occhi. Li abbiamo tenuti lontani per cinquant’anni, poi qualcuno ha sdoganato il fascismo, perché ’non è più un pericolo’, sono tutti morti”. Fece un riso amaro. “Io dico che sono più di prima”.

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