Ho letto “Vite rubate” di Daria Giuffra

Proprio mentre il Collettivo Decanter scriveva musica e parole di Emilia d’Hercole, poi diventato titolo dell’intero cd, una giovane elbana scriveva un libro sulla stessa eroina di Rio Marina. Era il 2018. Si sa come vanno le cose, la vita è pena di coincidenze e di incroci che non sempre si realizzano al momento giusto. Così un anno dopo Daria Giuffra, autrice di Vite rubate, si è accorta della canzone dopo la tournée estiva all’Elba del Collettivo e viceversa Marta Caldara, autrice del brano (con l’aiuto di Vincent Boniface per le musiche e Giacomo Luperini per il testo) ha saputo dell’esistenza del libro. Chissà quali alchimie si sarebbero scatenate se la conoscenza reciproca fosse avvenuta prima. Ma tant’è, libro e album hanno fatto e stanno facendo il loro corso. Con al centro un personaggio leggendario, ma realmente esistito, nella storia dell’Isola d’Elba.
La vicenda umana di Emilia si svolge nel XVI secolo e prende l’avvio da Rio Marina, frazione Grassera, distrutta dai corsari di Khayr al-Din Barbarossa, dove viveva con la sua famiglia. Lì ha origine il rapimento. Storia di un rapimento avvenuto all’Isola d’Elba nel ‘500 è proprio il sottotitolo del libro. Daria Giuffra premette che il suo racconto è incastonato in quel poco di materiale storico esistente, per il resto è frutto della sua immaginazione. Un po’ storia, un po’ fantasia.
Emilia è una ragazzina di forte personalità, la immaginiamo simpaticamente impertinente e un po’ naïf: Per lei non aveva importanza che ora del giorno fosse o quali impegni avesse, l’unica cosa veramente in grado di rapirla era la bellezza. Si sposa molto giovane, come si usava allora per gli accordi tra due famiglie, ma poi si adegua al tran tran familiare. Una vita tra il contado e le miniere, dove lavorava il marito Francesco. Il rapimento da parte di Sinan Pascià le cambia il futuro. Le traversie che subisce sarebbero da cinema, ma non mi risulta che alcun film sia mai stato realizzato con Emilia protagonista. Il fatto, però, che cinquecento anni dopo ancora se ne parli con libri e, come visto, anche musica, testimonia della forza di questo personaggio.
Ciò che narra, con buona penna, Daria Giuffra differisce alquanto dalla storia che conoscevo attraverso le parole del brano musicale e che Marta racconta con una certa enfasi per presentarlo ad ogni esecuzione del Collettivo Decanter. In Vite rubate vengono romanzate la quotidianità dell’Elba in quel periodo storico e le vicissitudini delle schiave, perché tali dovevano essere Emilia e le altre donne razziate sulle coste toscane, durante la permanenza a Tunisi e Algeri.
Erano prigioniere di una guerra antica e stupida, nella quale veniva usato da entrambe le parti Dio come giustificazione per distruggere e dominare altri popoli… Viveva in un limbo tetro, dove tutti si erano scordati che cosa significasse essere umani.
E il bimbo stesso, frutto della sistematica violenza praticata da Sinan Pascià detto il Giudeo sulla giovane elbana, sarà conteso dalle due culture.
Sull’argomento esiste in rete e in libreria materiale in abbondanza che vale la pena di ri-scoprire. Daria Giuffra ne dà conto in appendice, inquadrando così la vicenda con precisione storica. La lettura è piacevole e intrigante, il libro è scandito in capitoletti. Di pubblicazione indipendente, l’ho trovato sulla piattaforma Amazon.

“Principe, signore di Piombino, supplica
Emilia D’Hercole da Rio,
sua serva indegna rapita dal pirata Sinan Pascià, detto il giudeo.
La liberazione fu in cambio del suo figliolo”.
(dal testo della canzone “Emilia d’Hercole“)

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