Ho letto “L’apprendista” di Gordon Houghton

“Contratto Standard. Patto di resurrezione standard, legalmente vincolante per l’Agenzia e per il deceduto……., denominato d’ora in avanti il Deceduto. L’Agenzia accetta di assumere il Deceduto come agente apprendista per un periodo di prova di giorni sette. Si offre assunzione garantita, protezione, vitto e alloggio…….In cambio il Deceduto perderà i suoi diritti d’interramento e rimarrà proprietà dell’Agenzia. Se il periodo di prova sarà superato gli verrà offerto un incarico a tempo indeterminato. In caso contrario il Deceduto dovrà scegliere una terminazione da una breve lista ……”
La sintesi della vicenda narrata da Gordon Houghton è in queste poche righe. Il protagonista del romanzo viene risvegliato dal sonno eterno nientemeno che dalla Morte. Il ragazzo è stato sorteggiato per fare da aiutante per una settimana ai quattro Cavalieri dell’Apocalisse (gli altri sono Carestia, Guerra e Pestilenza). Si tratta di assistere dei viventi che stanno andando a terminazione attraverso modalità diverse. Il suo status è di fatto quello di zombie, che gli consente di fare quasi tutto ciò che fanno i viventi. Compreso ripensare alla propria vita, dal rapporto con i genitori alle relazioni più significative fino agli ultimi drammatici istanti. La settimana di prova scorre velocemente tra una terminazione e l’altra, alternando periodi di riposo in agenzia durante i quali Carestia pasteggia davanti a un piatto vuoto, Pestilenza prova su di sé nuove malattie e Guerra scatena continue risse. Giunto al termine del periodo di prova, non superato, il ragazzo è recalcitrante: preferirebbe lo status perenne di zombie piuttosto di rientrare nella bara. Morte gli concede di giocarsi il suo futuro con un una partita a scacchi…..
“L’apprendista” è un divertente romanzo macabro, una sorta di “gothic novel” in grado di generare anche riflessioni esistenziali, che per quanto mi riguarda sono state amplificate dalla lettura nella settimana che conduce alle ricorrenze di inizio novembre.
Pubblicato nel 2010 da Meridiano zero, ma scritto nel 1999 da questo narratore inglese ‘classe 1965’.

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