“I Pitard”, un Simenon molto conradiano

Avvertiva dentro uno strano vuoto, era una sensazione difficile da definire, una sorta di angoscia o di presentimento.
Tornare a leggere un libro di Simenon ha per la mente lo stesso effetto che una cura disintossicante ha per il fisico. Libera dalle scorie che si sono accumulate nel cervello dopo i tanti libri letti, non tutti significativi, lasciando stare anche tanta rumenta. I Pitard (Les Pitards – 1934, prima traduzione italiana 1937, ultima edizione 2000 negli Adelphi) è un romanzo di mare, ambientato interamente su una nave cargo chiamata Fulmine del cielo registrata a Rouen. È di proprietà del capitano Lannec che dopo aver passato tutta la vita a comandare navi di altri armatori ora ne possiede una tutta sua. In realtà per pagarla interamente ha dovuto attingere a un prestito bancario garantito dalla suocera. Quella della moglie Mathilde è una famiglia di bottegai di Caen, madre e fratello, molto attenti ai conti e soltanto a quelli. Proprio per questo, per controllare l’esito di quella piccola garanzia prestata, per duecentomila franchi o poco più, Mathilde si imbarca con il marito al primo trasporto della Fulmine del cielo (Tonnerre-de-Dieu). Si tratta di un carico eterogeneo, ci sono persino due mucche legate sul ponte, da trasportare ad Amburgo.
È inconsueto che la moglie di un capitano viaggi con lui su un mercantile. Ad un’atmosfera di per sé già molto conradiana, tra tempeste e salvataggi, si aggiunge anche questo particolare.
In uno dei romanzi più maturi di Joseph Conrad, Il caso (Chance – A Tale in Two Parts, 1913) c’è proprio questa anomalia, la moglie del comandante Anthony è imbarcata con lui sul Fernsdale e il narratore ce la presenta come una novità foriera di sventure, come avere a bordo un primo ufficiale in più, ma uno particolarmente burbero e spietato.
Non così si comporta Mathilde alla sua prima e unica traversata sulla nave sponsorizzata dalla madre. La donna ha una sua cabina personale, soffre il mal di mare e consuma i pasti insieme agli altri ufficiali nel quadrato. Un messaggio anonimo avverte Lannec che la nave è una vecchia carretta e non arriverà mai in porto. Il capitano si innervosisce anche per i comportamenti della moglie, come se non bastassero le pessime condizioni del mare.
La nave era immersa in un universo freddo e lattiginoso in fondo al quale si intravedeva di tanto in tanto la sagoma nera di un peschereccio, che in quel mondo senza orizzonti pareva sospeso nello spazio.
I rapporti tra i coniugi esplodono prima ancora che la nave giunga a destinazione, tra accuse e ammissioni di tradimenti. Lei lo provoca raccontandogli di uno spasimante che aveva a Caen, un violinista e lo accusa di voler dilapidare il patrimonio della sua famiglia. Ad Amburgo la situazione è talmente compromessa che Lannec e il suo vice fanno salire a bordo due prostitute e se la spassano tutta la notte scolando bottiglie di champagne. Ormai i rapporti sono definitivamente deteriorati. Per far quadrare i conti occorre però che il ritorno venga effettuato con un nuovo carico. Nonostante le previsioni lascino intendere che il tempo sarà tremendo, Lannec accetta di trasportare del materiale ferroviario pesantissimo fino a Reykjavík. Come preannunciato la burrasca arriva nel pieno del Mare del Nord. Il codice della navigazione però impone a Lannec di variare la sua rotta per raccogliere l’SOS del peschereccio francese Françoise in grande difficoltà. Durante le operazioni di soccorso si compie la tragedia: Mathilde in preda a una folle paura si getta in mare.
Il Fulmine del Cielo tornava verso la Normandia costeggiando l’Inghilterra meridionale, per evitare le burrasche sollevate dalla tramontana. C’era nebbia soltanto un giorno su tre, e non avevano mai incontrato tante navi.
Il corpo di Mathilde era stato recuperato e a Reykjavík ricomposto in una bara. Poi era stato riportato in patria. Nell’ultima tratto Lannec si era isolato con Jallu, il comandante del Françoise, suo vecchio amico, che aveva perso nave e metà dell’equipaggio, e si era confidato. Sua moglie forse l’amava: “Forse lei era migliore di me, Jallu, è stata quella troia di sua madre…”.
Ho già detto che è un romanzo molto conradiano. Aggiungo che nella temperie del salvataggio era presente in loco, e sicuramente più vicino, un peschereccio tedesco con le reti alla traina. Ha preferito ignorare le richieste di soccorso per non pregiudicare la pesca. Un’avvisaglia di ciò che sarebbe accaduto in Europa di lì a poco?

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