Ho letto “La signorina Tecla Manzi” di Andrea Vitali

Così come si dice per un vino “di pronta beva”, “di facile beva”, cioè da bere immediatamente senza attendere un particolare affinamento, altrettanto si può dire dei libri di Andrea Vitali. Sono di pronta e facile lettura, senza stare troppo a pensarci su. Anche questo “La signorina Tecla Manzi” del 2004 è in linea con i romanzi che l’hanno preceduto e seguito. Cito per tutti “Olive comprese”, “Dopo lunga e penosa malattia”, “Almeno il cappello”.
Come sempre la storia è ambientata a Bellano, sulla sponda orientale del lago di Como, che è poi la patria del prolifico medico-scrittore Andrea Vitali. Siamo in pieno ventennio fascista. Sul paese sovrintenede il podestà Balbiani, poco più che una macchietta, mentre nella stazione dei Carabinieri operano il brigadiere Mannu, l’appuntato Misfatti e il carabiniere Locatelli. Tutti e tre caratterizzati molto bene dal punto di vista della provenienza: un sardo, un siculo, un bergamasco, sembra quasi una barzelletta. La vicenda sulla quale si trovano a indagare è la sparizione di un ex-voto dalla casa della “signorina” Tecla Manzi. Quella che pare essere l’ubbìa di una vecchia zitella porta invece alla luce storie vecchie di decenni che la gente del paese ha tutto l’interesse a non rispolverare. Un campionario tipico dei romanzi di Vitali: preti chiacchieroni, usurai, bancari infedeli, guaritori improvvisati, donne di dubbi costumi, capomastri beoni e maneschi, fratelli che scompaiono e ricompaiono. L’intricata matassa piano piano si dipanerà, non tanto per la perspicacia investigativa dei carabinieri quanto per la loro ingenuità e bonarietà. Mentre la signorina Tecla “zitella per vocazione e per destino” alla fine godrà del frutto delle loro scoperte.

“Secca da far paura e non più alta di un metro e cinquanta, stava compostamente seduta sulla sedia, la schiena bella diritta e la borsetta afferrata con due mani. Aveva un leggero tremito del capo e il vezzo di contrarre a intervalli regolari le ali del naso, dopodiché emetteva uno sbuffo, rumoroso e singolare”.

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