“Little man, what now?” è come “oh mi povr’om!”

La lettura di “E adesso, pover’uomo?” mi ha colpito così tanto che ho cercato e ho guardato il film che ne è stato tratto nel 1934. “Little Man, What Now?” era una produzione americana dell’Universal Pictures, regia di Frank Borzage. Questo Borzage all’anagrafe faceva Borzaga ed era di origine italiana, di Ronzone (Val di Non). Dapprima è stato attore, per lo più in ruoli western, poi regista di film di successo. A lui si deve la prima riduzione cinematografica di “Addio alle armi” (1932) con Gary Cooper. Vinse due volte l’Oscar per la miglior regia, nel 1929 con “Settimo cielo” e nel 1932 con “Bad Girl”. Eccelleva nei film di contenuto romantico e sentimentale, proprio come il lavoro tratto dal romanzo di Hans Fallada. In questo film, pur lasciando integro il contesto della Germania prenazista, Borzage calca molto la mano sull’amore tra Johannes Pinneberg e Emma ‘Lämmchen’. In effetti una didascalia iniziale, a firma del produttore Carl Laemmle, esalta il ruolo della donna nella società.
“Con questo film” dice “ho voluto rendere un servizio alla società. La storia di Little Man – e la domanda What Now? – è il problema quotidiano del mondo, un problema che l’uomo può sormontare soltanto grazie all’incoraggiamento delle donne. Di fronte ai tempi e all’alea della vita, l’uomo è molto piccolo, ma di fronte agli occhi di una donna innamorata può diventare più grande del mondo intero”. Siamo nel 1934 e si può comprendere e perdonare una simile melensaggine. Il romanzo uscì in inglese in versione ridotta e per questo motivo il film manca di alcune parti. Margaret Sullavan (‘Lämmchen’) ha un volto pulito e quanto mai attuale, Douglass Montgomery (Pinneberg) appare difficilmente proponibile nel cinema d’oggi.
Grande successo comunque ebbero negli anni Trenta sia il romanzo che il film, anche in Italia. Mi domando se l’esclamazione tipica della mia nonna paterna, ma che ho sentito ripetere assai più spesso da mio padre (“e adesso, pover’uomo….”), un misto di rassegnazione e autocommiserazione, derivasse dal clima che il libro e il film avevano contribuito a creare. E’ troppo tardi per saperlo ma mi piace credere che sia così. In fondo che cos’è quell’espressione se non la versione internazionale dell’intercalare piemontese “oh mi povr’om!” ?
Esiste anche una versione televisiva, uno sceneggiato in cinque puntate realizzato nel 1960 dalla Rai per la regia di Eros Macchi. Aveva per titolo “Tutto da rifare pover’uomo” ed era interpretato da Carla Del Poggio, Ferruccio De Ceresa, Luigi Vannucchi, Renzo Palmer, Lando Buzzanca, Laura Betti, Paolo Poli, Carlo Romano. Un cast stellare, diremmo oggi. Mi piacerebbe vederlo.

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