Ho visto “Django Unchained”

Grazie Quentin! Grazie per questo grande, immenso omaggio al western all’italiana e alla sua musica! Inserendo nella colonna sonora brani di Morricone, Luis Bacalov, Franco Micalizzi, Riz Ortolani, tratti da vecchi film italiani, Tarantino ha fatto un grande regalo all’Italia. C’è anche un brano scritto per l’occasione da Ennio Morricone e cantato in italiano da Elisa. Ma ci sono anche James Brown, Pat Metheny, Johnny Cash e Jim Croce. La sequenza della cavalcata nella neve di Django e King Schultz è da pelle d’oca grazie a “I Got a Name”. Insomma una goduria per chi ama il cinema e la musica.
C’è la musica e poi c’è la storia, che non è da meno. Django è uno schiavo liberato da uno strano tipo, un tedesco, il dottor Schultz, un tempo dentista e ora cacciatore di taglie. Guadagna riportando alla giustizia cadaveri di banditi che si sono nascosti da ogni parte e che lui riesce a scovare. Morti o vivi, recita la taglia, ma Schultz va per le spicce e li preferisce stecchiti. Tra i due si instaura un bel sodalizio e presto diventano soci. Django cavalca e spara come un vero cowboy. Splendida la sequenza in cui si esercitano a sparare su pupazzi di neve. Al termine di un intero inverno di scorribande e conseguenti guadagni, in cui l’astuzia da novello Ulisse del tedesco preserva entrambi da possibili guai, i due fanno rotta verso Candyland, piantagione di un malvagio signore, Calvin Candie (Leo Di Caprio è fenomenale quando deve fare il cattivo) schiavista senza scrupoli. Si tratta di liberare Brunhilde, colta e bella ragazza cresciuta in una famiglia di origine tedesca nonché moglie di Django. Candie ora la possiede come schiava. Lo stratagemma escogitato dai due per liberarla è alquanto ardito, ma alla fine non va in porto. Nella residenza di Candie si scatena il finimondo.
Il western, tradizionale e spaghetti, si fonde mirabilmente con il cinema pulp tipico di Tarantino. Il pomodoro sprizza da ogni parte, a ettolitri per volta. Superlativi i due soci, Jamie Foxx (Django) e Christoph Waltz (Schultz). I dialoghi sono brillanti, alcune situazioni divertenti e originali. Inoltre il film è pieno di curiosità come il cameo dello stesso Tarantino, il piccolo ruolo di Bruce Dern e di Franco Nero, protagonista del “Django” del 1966, quello diretto da Bruno Corbucci. Un film che dopo una lunga serie di sequel non all’altezza, ha continuato ad essere ‘citato’ da vari registi. Anche i caratteri con cui sono composti i titoli richiamano le pellicole degli anni Sessanta. Tra i film italiani da cui sono state prese le musiche, “Lo chiamavano Trinità”, “I giorni dell’ira”, lo stesso “Django” e altri non di genere western.
Film che diventerà un cult. Mi sono divertito molto e penso che tornerò a vederlo.

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