Ho visto “Jersey Boys” di Clint Eastwood

E’ la storia ricostruita da Clint Eastwood del gruppo musicale americano The Four Seasons, molto in voga negli anni ’50 e ’60. Frankie Valli, Tommy DeVito e Nick Massi da ragazzi, nel New Jersey, si arrangiavano con qualche lavoretto sotto l’ala protettrice del boss mafioso Gyp De Carlo (una eccellente interpretazione di Christopher Walken). I tre amavano la musica e formavano un gruppo che si esibiva con qualche successo. Frankie in particolare aveva una voce straordinaria ed era il frontman  del gruppo, per il cui decollo fu però necessario l’ingresso di un altro oriundo italiano, Bob Gaudio,  dal grande talento per la composizione musicale. Da quel momento si chiamarono The Four Seasons e iniziò una straordinaria stagione di successi.  Clint Eastwood ne ripercorre le tappe, ricostruisce i rapporti tra i componenti che con il crescere del successo diventano difficili. In particolare Tommy DeVito non ha mai abbandonato la sua indole delinquenziale, approfittando del disinteresse degli amici verso gli aspetti organizzativi per svuotare le casse e quando per il grosso indebitamento creato viene minacciato dagli esattori della mafia è necessario l’intervento di Gyp De Carlo per rimettere le cose a posto. A quel punto il gruppo si scioglie, Frankie salva gli amici accollandosi il debito e iniziando una frenetica carriera da solista per riuscire ad estinguerlo. E’ quello il periodo della nascita di Can’t Take My Eyes Off Of You, uno dei brani di maggior successo della storia della musica.
Non è la prima volta che l’anziano Eastwood si cimenta con un film a sfondo musicale (Bird, Honkytonk Man). Senza farne un film indimenticabile a Jersey Boys riesce a dare il fascino del ‘vintage’, proponendo un genere che è lontano anni luce dalla musica dei giorni nostri. Ricostruisce in maniera efficace il clima musicale di quegli anni, in particolare con una carrellata verticale esterna su uno stabile dove risiedono le case discografiche a cui si rivolgono, quasi sempre inutilmente, potenziali talenti sconosciuti. Per raccontare la storia usa molto gli ‘a parte’ dei ragazzi, quasi fosse un pezzo di documentario o un  testo teatrale in cui l’attore si rivolge direttamente al pubblico. Scivola però sulla rappresentazione dell’estrazione sociale del quartetto: troppo caricaturale l’ambiente italo-americano. Emblematico il papà di Frankie che mangia gli spaghetti mentre il figlio esce per l’ennesima ‘marachella’ notturna.
Il film, coprodotto dagli stessi Valli e Gaudio, si conclude nel 1999 con il gruppo che si riunisce dopo  vent’anni per celebrare l’ingresso nel Vocal Group Hall of Fame. Geniale la scelta degli attori, tutti giovani di formazione televisiva.

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