Ho visto “Buoni a nulla” di Gianni Di Gregorio

Gianni Di Gregorio ha una bella faccia simpatica e mi ispira. Così, saltando tutti i preamboli – memore del gradevole divertimento di Pranzo di ferragosto e Gianni e le donne – sono andato a vedere Buoni a nulla praticamente a scatola chiusa. Devo dire che mi ha deluso un po’, rimane troppo in superficie, limitandosi soltanto a sciorinare una serie di macchiette. Eppure aveva a disposizione un tema su cui affondare la sua bonaria satira sociale, quello dei lavoratori prossimi alla pensione a cui è stata procrastinata la data di collocamento a riposo. Nel caso di Gianni di altri tre anni, contro i soli sei mesi che si attendeva. Ma nello stesso tempo – i mali non vengono mai da soli – viene trasferito in una sede periferica che gli comporta anche lunghi trasferimenti con i mezzi di trasporto. Benvenuti nell’amministrazione pubblica! Gianni nella sua vita ha fatto ben poco: ha galleggiato negli uffici senza saper fare nulla. E dai buoni a nulla è circondato nel nuovo posto. L’unico che si salva è Marco (Marco Marzocca), sa di computer e si presta ad aiutare tutti: la belloccia Cinzia (Valentina Ludovini) che un po’ se ne approfitta perché lui ne è segretamente innamorato; il viscido Christian (Gianfelice Imparato) incapace di tutto tranne che fare il lacchè della direttrice; lo stesso Gianni che una volta acceso il pc non sa quali tasti pigiare. In soccorso di Gianni, che alterna ansia ad attacchi di panico, arriva Raffaele (Marco Messeri), dentista e nuovo compagno della moglie, che gli rinfaccia di essere troppo mite e remissivo. Ci vuole grinta, aggressività e anche un po’ di cattiveria, nel lavoro come nella vita di tutti i giorni. Messe in pratica queste raccomandazioni Gianni si trova subito meglio: scalza Christian diventando lui il servetto della direttrice e ottiene un ufficio tutto suo con tanto di tv maxischermo e frigobar. Poi cerca di trasferire all’amico Marco gli stessi suggerimenti, ma la cosa non funziona. Almeno all’inizio.
Oltre a questo Di Gregorio non va: macchiette e piccoli sketch che fanno appena sorridere mentre la vera satira resta lontana. Punta sui rapporti tra i personaggi e lascia perdere l’osservazione sociale presente nei film precedenti. Eppure aveva materiale da vendere sul quale cimentarsi, dalle pensioni agli esodati, all’inutilità di certi uffici pubblici.
Nel cast un piccolo cammeo di Ugo Gregoretti (un generale vegliardo strapensionato) e un ruolo per Michele Di Mauro.

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