Ho letto “Il cercatore d’oro” di Jean-Marie Gustave Le Clézio

Com’è lungo il tempo del mare! Ogni ora che passa mi lava di dosso le cose da dimenticare, mi avvicina alla figura immortale del timoniere. Non è proprio lui che ritroverò alla fine di tutti i miei viaggi?
Lo scrittore francese Premio Nobel per la Letteratura nel 2008 discende da una famiglia bretone emigrata alle isole Mauritius e Réunion nel Settecento. Non sorprende quindi che nella sua produzione letteraria si trovino gli echi di quel periodo, come nel suo ultimo libro Il ritornello della fame che ho letto lo scorso anno proprio perché ero incuriosito dall’assegnazione del Nobel. Lì trattava il ritorno della famiglia a Parigi tra le due guerre, il declino economico e la lotta per mantenere uno status sociale adeguato. Il tutto era visto attraverso gli occhi di un’adolescente, testimone del disfacimento della Francia e dell’Europa, della guerra e della deportazione.
“Il cercatore d’oro” copre invece gli anni tra il 1892 e e il 1922, raccontati da Alexis che da bambino si fa via via adolescente e poi uomo, sempre mantenendo vivi i sogni dell’infanzia. Il luogo è quello incantato delle Mauritius dove la famiglia vive agiatamente grazie alle piantagioni di canna e agli opifici per la trasformazione in zucchero. Con la sorella Laure ascolta i racconti della madre, sfoglia i libri di viaggio del padre mentre con l’amico indigeno Denis e la sua famiglia apprende i rudimenti della pesca e della navigazione. Il tracollo economico però è dietro l’angolo, dovuto ai violenti cicloni tropicali, alle proteste dei lavoratori locali, sfruttati e mal pagati, che si fanno sempre più frequenti ed infine ai contrasti interni sulla gestione dell’azienda che vedono prevalere un altro ramo della famiglia. Persa la bella casa distrutta dal ciclone e morto di crepacuore il padre, Alexis lascia la madre e la sorella e si mette per mare, sulla goletta Zeta del capitano Bradmer. Il vascello effettua piccoli trasporti tra le isole dell’arcipelago, ma l’obiettivo del giovane è stabilirsi all’isola di Rodrigues e dar vita ad una sorta di caccia al tesoro: quello del Corsaro sconosciuto di cui ha trovato traccia nelle carte del padre. Inizia la parte più bella del romanzo con la vita sull’isola, la ricerca dei segni lasciati dal Corsaro quasi due secoli prima, la storia d’amore con la bella indigena Ouma. Ma poi incombe la grande guerra e c’è la chiamata alle armi anche per i francesi delle isole, mandati al macello nell’inferno di Verdun. Alexis è tra i pochi a ritornare. Riprende la febbrile e inutile ricerca del tesoro, ritrova la sua Ouma ma solo per qualche tempo ed infine decide di imbarcarsi definitivamente.
Pieno di profumi, di colori e di panorami spettacolari, è un romanzo avvincente ed emozionante, in cui ho ritrovato Conrad e Melville ma anche i sogni di mio padre giovane marinaio. Bravo Le Clézio, leggerò altri tuoi libri!
Pubblicato nel 1980, edito in Italia da Rizzoli nel 1990 e riproposto nel 2009 dopo l’assegnazione del Nobel.

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