Ho visto “Ruth & Alex – L’amore cerca casa” di Richard Loncraine

Ruth e Alex compongono una bella coppia bicolore di anziani senza figli: lei un’insegnante in pensione, lui un pittore per il quale i tempi migliori sono ormai trascorsi. Vivono a Brooklyn con Dorothy, la loro vecchia cagnetta, si amano e si rispettano come il primo giorno che si sono conosciuti. Ma l’età incalza e la previsione di dover fare sempre quattro piani di scale per raggiungere il loro adorato appartamento in uno stabile senza ascensore inizia a destabilizzarli. Decidono così di vendere il loro nido d’amore e di cercare qualcosa di più compatibile con l’età. La zona si è rivalutata parecchio nel corso degli ultimi decenni ed è diventata appetibile da nuove coppie, giovani in carriera, ricchi snob. Affiancati da una nipote immobiliarista entrano in contatto con una fauna variegata di possibili acquirenti. Contemporaneamente vivono con apprensione il dramma della loro cagnetta che deve essere operata di ernia del disco, con il rischio che resti paralizzata alle zampe posteriori.
Il film è tutto qui, noioso e banalotto. Il regista Richard Loncraine cerca di rimpolpare un soggetto che fa acqua da tutte le parti inserendo il tema di un presunto attentato con un camion abbandonato sul ponte di Brooklyn. L’allarme dura poche ore ma è quel tanto che basta per mettere in fibrillazione immobiliaristi, compratori e venditori per la prospettiva di un crollo dei prezzi degli alloggi. Non succederà nulla ma tutto è descritto con il consueto dispiegamento dei media come previsto nella miglior tradizione americana.
La descrizione del mondo schizofrenico delle compravendite di appartamenti negli Stati Uniti è forse l’unico aspetto del film su cui vale la pena di soffermarsi. Insieme, naturalmente, a una garbata presa in giro della categoria dei veterinari che si approfittano dei proprietari dei poveri ‘pet’ a stelle e strisce.
Non buca lo schermo la tenera storia d’amore di Ruth e Alex. Non è approfondito il tema della terza età, che ormai al cinema abbiamo visto trattato in mille modi, anche molto convincenti. Loncraine spruzza un po’ di antirazzismo e qualche goccia di critica ai dollari che consentono tutto. Ma non convince: il film non è neppure tenero, delicato, commovente o ruffiano come dovrebbe o potrebbe. Semplicemente non è. Non si salva neppure con i caratteristi o con la colonna sonora, come a volte succede.
Quanto a Diane Keaton e Morgan Freeman nella loro carriera hanno fatto tantissime cose di cui essere orgogliosi. In questo film si lasciano surclassare dalla cagnetta, questa sì, indubbiamente una grande attrice.

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