Ho letto “Esercizi di cronaca” di Vincenzo Consolo

E’ il quarto e ultimo libro di Vincenzo Consolo letto durante la mia vacanza siciliana. E devo dire che mai come questa volta mi sono sentito in sintonia con il territorio dove mi sono trovato. Esercizi di cronaca, lo dice già il titolo, raccoglie articoli giornalistici che in un certo periodo della sua vita Consolo ebbe modo di scrivere come redattore del quotidiano L’Ora di Palermo. Buona parte del libro è dedicata ai resoconti che lo scrittore fece sul processo a Michele Vinci, il fattorino di Marsala accusato dell’omicidio di tre bambine. I fatti sono del 1971, la parte finale del processo a cui assistette Consolo è del 1975. La cronaca si mescola inevitabilmente con la letteratura, lo dimostrano le diverse corrispondenze sul processo.
L’usciere seduto davanti alla porta d’ingresso dell’aula di Corte d’Assise saluta chi entra col “vossia benedica”. Questo saluto religioso divenuto servile, sparito ormai in Sicilia, resiste ancora, si vede, in questi santuari della giustizia, come sono qui duri a sparire, del resto, tante altre formalità, orpelli, apparenze.
Consolo è un acuto osservatore e non tralascia alcun dettaglio nelle sue cronache. Ogni volta esce dal Tribunale di Trapani con un senso di pena, ma presto si accorge che la vita fuori procede nel suo corso con eventi quotidiani belli, gradevoli e a volte pieni di gioia.
Il pubblico ministero di quel processo è Giangiacomo Ciaccio Montalto, allora giovane magistrato, otto anni dopo assassinato dalla mafia a soli quarantadue anni. La sua requisitoria, che Consolo riporta per intero, è un piccolo saggio di alto valore civile e morale. Chiese espressamente che la sentenza fosse il punto di partenza per ulteriori indagini. Ciaccio Montalto aveva una sua tesi che non riuscì a dimostrare e che non rivelò a nessuno perché non si fidava nemmeno dei suoi superiori. Non era stato il delitto di un pedofilo, c’erano ispiratori e mandanti che la passarono liscia. Con la vicenda c’entravano la mafia e il traffico di droga. Scrive Consolo in suo articolo: “Riemerge così in questo processo la tragica e arcaica immagine della Sicilia degli uomini dalla bocca cucita anche quando essi sono oltraggiati, mutilati nei sentimenti elementari e più grandi, quelli verso i figli. E sembra allora che in questa terra dove spesso si dice che la civiltà greca ha lasciato profondo il suo segno, non ci siano padri, non ci siano madri che, superando la paura, invochino giustizia”.
Ma il libro comprende anche pagine meno tragiche, se non addirittura ilari. Sono gli articoli scritti da Consolo nell’agosto del 1975 per mettere in evidenza il ‘vuoto’ della pubblica amministrazione. Si reca così allo Stato Civile di Palermo, all’Assessorato regionale alla Sanità, all’Inps, all’ufficio Imposte Dirette e ne descrive i disservizi e le disfunzioni.
Altre corrispondenze sono dedicate al sequestro dell’esattore Luigi Corleo, suocero di Nino Salvo, una vicenda tutta all’interno del mondo delle cosche. Ma l’occhio ‘siciliano’ di Vincenzo Consolo ha indagato anche l’industriosa Milano, con articoli scritti tra il 1969 e il 1973. Emblematica l’angoscia di una domenica vissuta tra gli immigrati nel quartiere-lager di Quarto Oggiaro: Chi rimane nel quartiere la domenica di primavera, quando, sparita da un pezzo la nebbia invernale che tutto cancella, cala sulle case un caldo malsano e appiccicoso e la luce meridiana scopre le strade, le case, il quartiere in tutta la loro nudità, tristezza, desolazione. E’ allora che prende l’angoscia, terribile, senza fine, una tromba nera dentro cui si scivola, si precipita senza potersi fermare, senza niente a cui appigliarsi.

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