Ho letto “Il passo falso” di Colin Dexter

Morse non disse nulla, astenendosi (come sempre) dall’ispezionare il cadavere da vicino.
Pare impossibile commuoversi per un libro e poi per un poliziesco! Con l’avanzare dell’età starò diventando sentimentale? Eppure stamattina quando ho chiuso l’ultima pagina di questo libro, mi è quasi scappata la lacrimuccia. Il passo falso mi ha lasciato una sorta di serenità e beatitudine che mal si concilia con un libro giallo. Adoro Colin Dexter (1930) da quando l’ho scoperto negli splendidi volumetti Sellerio (finora ne sono stati pubblicati quattro). Antonio Sellerio giustamente ne centellina le uscite perché non sono molti, credo quattordici piccoli capolavori che per anni si sono celati dietro le copertine dei Gialli Mondadori, e lodevolmente li sta ripubblicando in ordine cronologico. Di fronte a una bancarella che presentava alcuni gialli non ho saputo resistere e ho acquistato questo volumetto che è il penultimo della serie Mondadori (1996) e il cui titolo originale è assai più accattivante: Death Is Now My Neighbour.
Splendido negli aspetti umani, emozionante e avvincente nel plot investigativo. L’ambiente è come sempre quello dei cattedratici di Oxford. Lo sfondo questa volta è l’elezione del nuovo rettore dell’università di Lonsdale. Due soli candidati in lizza le cui mogli non disdegnano il letto (altrui) per agevolare la scalata del marito. La corsa al rettorato è però lastricata da due morti, due persone uccise nella stessa, piccola, via.
Morse però considerava le coincidenze come la norma della vita, anziché l’eccezione.
Il secondo degli uccisi è un giornalista del quotidiano locale. Nel mondo dei professori e delle loro mogli aveva trovato materiale inesauribile per articoli di gossip e per alcuni pericolosi ricatti.
In verità, lei stava invecchiando più in fretta di tante altre donne della sua età. Le lunghe gambe, ancora belle, erano sfregiate da una rete di vene varicose.
Proprio le gambe, lunghissime, sono la chiave di volta dell’indagine. Chissà perché tutte le donne che compaiono nella vicenda hanno leve da ‘bluebell’. Una fotografia della prima vittima, ritratta in compagnia di un signore seminascosto ma dalla cravatta riconoscibilissima, dà l’avvio all’inchiesta. L’ispettore capo Morse e il sergente Robbie Lewis della Thames Valley Police devono tuttavia tribolare parecchio per districarsi in questo mondo in cui gli uomini contano ma sono le donne a tirare le fila.
Lui aveva sempre pensato che una donna che si sta spogliando è più conturbante di una spogliata.
Morse, gran bevitore di birra e di whisky, subisce un contrattempo di salute che lo obbliga ad un ricovero in clinica e conseguentemente a rallentare le indagini. Incontra però un’avvenente caposala che interromperà momentaneamente la sua vita di single incallito e misogino. La soluzione dei delitti è ….nel libro.
Mi affascinano la caparbietà di Morse, la falsa remissività di Lewis, la calda umanità del loro rapporto. Fin dal liceo Morse si è appassionato all’enigmistica e questo ha caratterizzato il suo modo di condurre le indagini. Ha sempre voluto celare il proprio nome di battesimo, ma nel finale di questo libro lo svela al fido Lewis, come una sorta di ringraziamento.
Solo una cosa lo disturbava parecchio. Per un’intera settimana era stato costretto ad abbandonare sia la birra, sia le sigarette.

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