Ho letto “Il falsario sognatore” di Benito Mazzi

Ho comprato questo libro durante una passeggiata estiva a Santa Maria Maggiore, stupendo paese della Val Vigezzo, andando proprio nella libreria di Benito Mazzi memore di quel La formica rossa che mi aveva incantato qualche anno fa. Guarda che storia si è inventato il Mazzi, mi sono detto (il libraio-scrittore è stato anche direttore del Risveglio Ossolano per trent’anni). E invece è una biografia autentica, così autentica che uno dice: non può essere, ha esagerato, sembra un film.
Solo al pensiero di trascorrere le giornate dietro una scrivania o di fossilizzarmi qui al paese tra casa, bar e piazza, mi manca l’ossigeno…  Pier, da Masera, Val Vigezzo, ne ha combinate di crude e di cotte, fin da giovane. E ha fatto tanta strada, facendo mille mestieri, in Svizzera, Francia, Inghilterra, sempre però tornando al suo paesino tra le montagne. E il ritorno definitivo avviene quando il padre – l’Emilio – è ormai centenario e Pier è un pittore affermato, con il nome di Pierre Benson Bruss. Un falsario. Ma in senso buono: gli nomini un quadro famoso, di qualsiasi epoca, e lui copia. Oggi ha una sua clientela affezionata, internazionale. Ma per arrivare a questo…
Però non aveva la più pallida idea di cosa avrebbe fatto nella vita, anche se sentiva che se la sarebbe cavata comunque. Anzi era proprio l’ebbrezza dell’incertezza, dell’ignoto, del domani insicuro a esaltarlo.
Dunque il giovane Pier Brustia, ha poca voglia di studiare e di lavorare. Sogni e fantasie ne ha, e voglia di avventure, come quella di Giovanni Maria Salati, eroe napoleonico ossolano, che attraversò in una notte di tempesta la Manica a nuoto per fuggire dalla prigione degli inglesi (oggi è ricordato in una mostra temporanea, fino a maggio 2015, al lavatoio storico di Malesco). Pier, dopo qualche marachella giovanile, fa il cameriere in Svizzera poi a Londra e sempre ha in testa “che prima o poi tornerò a Masera col portafoglio gonfio, a bordo di una macchinona da stupire tutti, con una bionda dai capelli lunghi fino alle chiappe”.
E’ una costante, un tormentone – macchine, soldi, donne e soprattutto fargliela vedere ai compaesani – che lo sostiene nei momenti difficili per tutta la vita. E il bello è che ci riesce. Periodicamente torna a casa con auto di ogni sorta a fare lo ‘sborone’ davanti agli amici di sempre. A Londra fa il cantiniere all’Istituto Italiano di Cultura e in una discoteca conosce Linda, che diventerà sua moglie. Un ménage strano: lei resta a Londra, lui in giro per il mondo con le sue innumerevoli avventure. Tuttavia è un matrimonio saldo che darà anche dei figli. Intanto ha la fissa del cinema e viene reclutato come comparsa, poi il colpo di fortuna. Viene ingaggiato nientemeno che dalla British Broadcasting Corporation.
Il novello Mastroianni lavorò a quella televisione per più di sei mesi, girando una serie di sketch per il programma ‘Parliamo Italiano’, che andava in onda la domenica mattina.
Insomma Pier diventa una celebrità e viene riconosciuto per strada. Ma siamo neanche a metà percorso. Brustia prima di diventare Benson Bruss fa ancora il bancario a Londra, lo 007 per i servizi britannici in Medio Oriente, l’autista-accompagnatore di un dandy svizzero e poi per un albergatore del Lago Maggiore e altro ancora, ogni tanto piazzando qualche bidone, ma sempre meno rispetto agli inizi della storia. Poi scopre questa sua incredibile attitudine verso la pittura.
“In pitùr, ecco cosa sei tu, Pier, un pittore e non sapevi di esserlo” gli dice suo padre.
Dicono che la Val Vigezzo sia una terra piena di questi personaggi incredibili da raccontare, oltre che la valle dei pittori ma questo lo sanno tutti, e non stento a crederci. Benito Mazzi racconta le avventure picaresche di Pier-Pierre a capitoletti brevi, attingendo a volte frasi dal dialetto, con un linguaggio colorito e divertente. Anzi, posso dire, Benito, che dipingi con le parole come Benson Bruss fa con le tele e i pennelli?
“A me sembri il solito stronzo” farfugliò a fatica Brando. “Magari quasi felice, ma sempre stronzo”.
“Vorrei che lo fossi anche tu”.
“Stronzo?”
“No, quasi felice”.

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