“Il ritorno del soldato”, opera prima di Rebecca West

Scendeva un crepuscolo che era come una malinconia sulla terra.
Torno a leggere Rebecca West dopo aver letto La famiglia Aubrey, primo romanzo dell’omonima saga. Quasi quarant’anni prima aveva scritto quest’opera incentrata sui guasti prodotti dalla Prima Guerra Mondiale. Era il 1918, ultimo anno del conflitto, la popolazione maschile era decimata. Chi non era caduto nelle trincee era tornato a casa minato per sempre nel fisico o nella mente. Uno di questi è Christopher Baldry, possidente con grande villa di famiglia nella campagna inglese, Baldry Court, una moglie, Kitty. Prima della guerra hanno perso di malattia il loro unico bambino, Oliver. Con loro vive da sempre la cugina Jenny, che scopriremo essere sempre stata innamorata di Chris. La vicenda è narrata in prima persona proprio da lei. Del capitano Baldry, impegnato sul fronte francese, non si hanno più notizie. La vita scorre quasi asettica nella grande casa. Kitty deve ancora elaborare il lutto per il figlioletto scomparso, in attesa di notizie dal fronte governa la dimora come meglio può, con tutti i domestici e servitori come si conviene a una antica famiglia aristocratica.
Quel giorno, per me, la bellezza del luogo era un affronto, perché come molte donne inglesi del mio tempo pregavo per il ritorno di un soldato.
Ma un giorno le notizie dal fronte arrivano e non sono quelle attese da Kitty e Jenny. Giungono sotto forma di una visita da parte di Margaret Grey, una donna di estrazione modesta, ancor giovane ma trascurata nel fisico da una vita in povertà. Margaret è accolta dalle due cognate con sospetto e puzza sotto il naso, d’altra parte in quel periodo erano molte le truffe praticate ai danni delle mogli di un soldato. In realtà comunica loro che il capitano Baldry ha subito uno shock da bombardamento e si trova in un ospedale in Francia ed è ormai prossimo ad essere dimesso. Ha perso quasi totalmente la memoria e i suoi ricordi sono fermi ad un periodo post adolescenziale, quando era innamorato proprio di Mrs. Grey. È per questo che dall’ospedale ha inviato sue notizie a lei e non alla moglie. Quando finalmente torna a casa non ricorda minimamente Kitty, a malapena riconosce Jenny come compagna di giochi d’infanzia, mentre della casa di famiglia non rammenta tutte le migliorie e gli ampliamenti da lui stesso compiuti negli anni dopo il matrimonio.
Unico ricordo concreto è il suo grande amore per una ragazza di quindici anni prima, appunto Margaret. Con lei vuole stare, la ricorda giovane anche se ora è precocemente invecchiata. Kitty si dispera, abbozza, cerca di esorcizzare, si affida a medici che non arrivano a nulla. Jenny invece è più comprensiva, in cuor suo ha sempre detestato la cognata, affiorano magagne familiari.
Così Chris e Margaret vivono giorni spensierati, con passeggiate e picnic ai bordi del Tamigi, mentre l’algida Kitty si aggira per le stanze di casa senza trovare una soluzione. Mrs. Grey, di suo è anche sposata e ha due bambini, ma il marito è comprensivo e lascia che la moglie continui in questa sua opera per far ritrovare la memoria al soldato.
Ci vorrebbe un forte contro shock, secondo l’ultimo specialista consultato, per fargli tornare la memoria giusta. Toccherà ancora a Margaret occuparsene sacrificando l’antico amore ritrovato.
Raccontato così sembrerebbe un romanzo per donnicciole, come erano in voga a fine Ottocento e nei primi decenni dello scorso secolo. In realtà l’eco della guerra è molto presente, «Eravamo tutti in un fienile, una notte, e arriva una bomba. Il mio compagno urla: “Aiutami, vecchio mio, non ho più le gambe!”. E io gli devo rispondere: “Non posso, vecchio mio, non ho più le mani!”». Poi ci si potrebbe dilungare sulle convenzioni inglesi di quel tempo, sul matrimonio come istituzione, sul femminismo, sullo scontro tra classi sociali. Il tutto è molto teatrale, almeno nella seconda parte del romanzo, e fortemente british. Per Rebecca West, al secolo Cicely Isabel Fairfield, Il ritorno del soldato, pubblicato a soli 26 anni, è stata una delle opere più importanti.
L’edizione che ho letto è di Fazi editore, 2022, traduzione di Benedetta Bini.

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