“La donna del faro” di Ragnar Jónasson, nuovo mistero tra i fiordi

Ásta non aveva mai pensato di tornare nei luoghi della sua infanzia, e invece eccola lì, con il suo bagaglio di segreti sepolti, dove si era trovata tanto tempo fa, quando aveva visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere.
È la quarta puntata della serie Misteri d’Islanda. Per quanto mi riguarda la trovo appassionante e in linea con i migliori polizieschi nordici. Ari Þór è un gran bel personaggio, un poliziotto integerrimo, intelligente, un po’ chiuso ma è la geografia che lo ha fatto così. Non ha vizi né scheletri nell’armadio, a differenza dei suoi colleghi di altre latitudini. In precedenza lo abbiamo trovato in L’angelo di neve (2018), I giorni del vulcano (2019), Fuori dal mondo (2020). Per ora le puntate della saga sono sei, tutte edite da Marsilio. L’ambientazione è sempre Siglufjörður nel Nord dell’Islanda. A buon diritto Ragnar Jónasson mi pare abbia preso il testimone da Arnaldur Indriðason che ha ormai abbandonato il commissario Erlendur Sveinsson.
Per chi non avesse letto le puntate precedenti, 
Tómas, il capo di Ari Þór, un anno e mezzo prima aveva dato le dimissioni da ispettore di Siglufjörður per trasferirsi a Reykjavík. La cosa aveva ingenerato molte aspettative nel giovane poliziotto ma le cose non erano andate come aveva sperato. Era ancora giovane, e la promozione a ispettore sarebbe stata uno scatto importante nella sua carriera – anche se a Siglufjörður non avrebbe certo potuto contare su un esercito, tutt’al più su una squadra di due anime. Nella sua ingenuità, Ari Þór aveva dato per scontato di essere il prescelto.
Per questo caso è proprio l’ex capo a chiamarlo a collaborare circa un presunto suicidio di una donna avvenuto
 a Kálfshamarsnes, piccola lingua di terra sulla penisola di Skagi, nel nord del paese. Il luogo sarebbe fuori dalla sua giurisdizione ma non se la sente di dire di no al suo ex capo. Il fatto è avvenuto tre giorni prima di Natale e i due pensano di sbrigarsela in fretta e tornare a casa per le festività. Kristín, la compagna di Ari Þór, è incinta all’ultimo mese e a maggior ragione vorrebbe starle vicino.
La presunta suicida si chiamava Ásta e aveva trascorso l’infanzia non lontano dal fiordo in cui è stata trovata, in una villa signorile dove i suoi genitori facevano da custodi e si occupavano del vicino faro. Ásta aveva solo sette anni quando fu mandata da una zia nella capitale, dopo il suicidio della madre e successivamente della sorellina, tutte ‘cadute’ tra quelle immense e bellissime colonne basaltiche. Le troppe coincidenze non convincono i due investigatori che riaprono i vecchi casi. Perché Ásta è tornata dopo tanti anni? Cosa cercava? Le persone sono le stesse di allora: il ricchissimo padrone di casa, un pezzo grosso della finanza islandese; i due anziani, fratello e sorella, che si occupano della proprietà; un giovane che vive in una fattoria vicina e che era stato compagno di giochi di Ásta bambina.
La tragica morte di Ásta aveva fatto precipitare la villa in un clima tetro e opprimente. Le mancava l’atmosfera natalizia; Ásta aveva rovinato tutto, con il suo arrivo lassù. E con la sua fine.
Sono molti i misteri che Tómas e Ari Þór devono dipanare attraverso un lungo lavoro psicologico sul quartetto che abita a Kálfshamarsnes.
Come sempre, la storia è di finzione ma i luoghi, tranne la villa, sono reali. Così il faro e le colonne basaltiche, che sono un’attrazione turistica della zona. Jónasson fa anche riferimento a un 
insediamento abitativo che sorgeva un tempo nella penisola e che fu abbandonato intorno al 1940. 

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