Ho visto “Molière in bicicletta”

Attore scoperto e valorizzato da Éric Rohmer, il mio coetaneo Fabrice Luchini (classe 1951) incasella una interpretazione straordinaria con un personaggio che sembra gli sia stato ritagliato addosso. “Alceste c’est moi!” sembra dire fin dal primo momento in cui appare sullo schermo come Serge Tanneur.
In effetti perché chiedere a Serge, da tempo ritiratosi dalle scene, come fa il suo vecchio amico Gauthier Valence, di tornare a recitare in un nuovo allestimento del Misantropo ma interpretando Filinte, quando il misantropo è proprio lui che vive rintanato all’Île de Ré, lontano dalla mondanità e da qualsiasi contatto sociale? Tra Serge, che non ha ancora accettato la proposta, e Gauthier si accende una partita fatta di continue scaramucce verbali, di dispetti e ripicche. L’armistizio tra i due prevede di scambiarsi le parti, recitando una settimana a testa la parte di Alceste. Intanto continuano le prove all’Île de Ré, in casa di Serge, ma giocoforza litigano per la diversa impostazione data alla recitazione: più tradizionale e aderente a Molière quella di Serge, più moderna e un tantino televisiva quella di Gauthier che è anche un divo del teleschermo avendo interpretato un lungo serial-tv nei panni di un eroico neurochirurgo. Mentre si snodano le bellissime immagini dell’isola di fronte a La Rochelle, nel Poitou-Charentes, tra i due si inserisce l’affascinante italiana Francesca (Maya Sansa), fresca di separazione e prossima a lasciare l’isola dove ha abitato. Ci vuol poco a capire che i due attori se la contendono ma che non si arriverà ad un felice triangolo alla Jules e Jim. Mentre l’accordo per lo spettacolo prende forma e a La Rochelle arrivano i produttori e i rispettivi agenti, il divo televisivo confessa all’amico di essere andato a letto con Francesca. Serge abbozza, ma si prende la scena durante un party in onore dei due attori. Geloso e scorbutico, profondamente ferito, sbeffeggia pubblicamente Gauthier e abbandona ogni residua intenzione di tornare a recitare. E’ lui il vero misantropo, calzato e vestito, anche nel senso letterale dei termini. E resterà ancora da solo nella sua isola, a ripercorrerne all’infinito in bicicletta le bianche stradine.
Film bellissimo che avevo mancato al TFF ma che non potevo perdere, anche perché sono affezionato alle due isole (l’altra è Oleron) una delle mie prime visite alla costa atlantica della Francia. Come pure amo il Pineau des Charentes, che si beve nel film (dove non manca l’altro stereotipo gastronomico locale, i succulenti frutti di mare), ottimo come aperitivo, un cosiddetto ‘vino fortificato’ – come il Porto, il Marsala, lo Xeres – in cui la fermentazione è stata bloccata dall’aggiunta di buon cognac…
Lambert Wilson è il narcisista e sciupafemmine Gauthier: con quale gioia dispensa autografi agli ammiratori! La scelta di italianizzare il personaggio femminile è un tantino originale ma ad un certo punto è sostenuta dalla canzone Il mondo di Jimmy Fontana che lo stesso Serge si azzarda a cantare insieme a Francesca senza però conoscerne le parole. Poi c’è tanto Molière recitato.
Regista di tutto ciò è Philippe Le Guay che aveva già diretto Luchini in Le donne del sesto piano (2011), altro bel film, passato in tv giusto qualche sera fa. L’idea del film è di Luchini, la sceneggiatura dello stesso Le Guay, ma ci ha messo lo zampino anche Emmanuel Carrère, ormai ben conosciuto in Italia per La vita come un romanzo russo, Limonov, L’avversario.

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