Ho visto “A proposito di Davis” (Inside Llewyn Davis)

Non tutti i musicisti diventano famosi. E neppure tutti quelli che hanno scelto di vivere di musica la sfangano. Questo film è un apologo sulle difficoltà di fare musica, allora (siamo a New York nel 1961) come oggi. Alla facilità con cui si registra e produce un disco (le cui copie restano abbandonate in una scatola nascosta sotto il tavolo del salotto) fanno riscontro manager truffaldini, impresari cinici, locali in cui se ti va bene ti fanno suonare a cappello e poi ancora devi dividere il ricavato con gli altri partecipanti alla serata. Allora, nel Greenwich Village all’epoca del folk, come oggi da questa parte del globo. Uno su mille ce la fa e diventa un fenomeno planetario, come quel Bob Dylan evocato in chiusura di film. Gli altri annaspano, come Llewyn Davis, folksinger con papà irlandese e madre italiana, rimasto solo dopo il suicidio del socio Timlin con cui formava un duo degno di qualche considerazione. Ora è un perdente, sempre in giro con la sua chitarra in cerca di qualche contratto e di un divano su cui passare la notte. Possiede anche un brevetto da marinaio, ma l’imbarco su una carretta del mare resta la sua estrema soluzione di vita. E’ anche conflittuale nei rapporti con le persone: gli amici che di volta in volta lo ospitano, le ex-compagne che non si preoccupa di ingravidare, il padre che sopravvive in un ospizio, la sorella che cerca di metterlo di fronte alle sue responsabilità.
E poi c’è la musica, tante belle e struggenti ballate, in gran parte del repertorio tradizionale, che i fratelli Coen distribuiscono per tutto il film, due su tutte Hang Me, Oh Hang Me e Fare Thee Well che Oscar Isaac canta con la perenne sigaretta in bocca. E che dire della versione che gli amici di Llewyn, Jean&Jim, fanno di Lord I’m five hundred miles away from home, un brano che avrebbe conosciuto nel 1962 un successo europeo con Richard Anthony (J’entend siffler le train – Il treno va)? Loro sono sono Justin Timberlake e la meravigliosa Carey Mulligan (Shame, Drive…).
E ancora c’è un bel gatto rossiccio che appare e scompare e che Llewyn non riesce mai a trattenere. Neanche quello.
A proposito di Davis ha molte sfaccettature: a una New York dai colori spenti e dagli spazi angusti (emblematici i corridoi e le scale dei palazzi, tanto è vero che è più comodo entrare e uscire nelle case attraverso le scale antincendio…) fa da contraltare l’America on the road delle pianure infinite e delle lunghe strade diritte. Llewyn si avventura verso Chicago per una audizione con improbabili compagni di viaggio, come il geniale John Goodman che nei lavori dei fratelli Coen non manca mai. E al termine del lungo peregrinare il film ci riporta alla scena iniziale, nel locale del Greenwich Village dove si esibiscono i solisti e i gruppi sfigati e il cui proprietario si chiama come un regista italiano, Pappi Corsicato. Chissà poi perché…
E’ un film che può accontentare gli appassionati del cinema di Joel e Ethan Coen, ma che è insolitamente sentimentale e lontano dagli eccessi a cui ci avevano abituati. Ispirato alla storia del folksinger Dave Van Ronk e al suo album Inside Dave Van Ronk, che ha avuto un certo successo negli anni Sessanta.

Share this nice post:
Questa voce è stata pubblicata in Cinema. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*