Vita effervescente di “Jakob von Gunten”, antieroe di Robert Walser

Qui non c’è che un’unica lezione, sempre ripetuta: “Come deve comportarsi un ragazzo?”. E tutto l’insegnamento gira, in sostanza, intorno a questa domanda.
Sono arrivato a Robert Walser indirettamente attraverso W.G. Sebald (Il passeggiatore solitario) e direttamente con La passeggiata. A questo punto si imponeva la lettura di qualche opera più importante dello scrittore svizzero. Jakob von Gunten (pubblicato nel 1909) appartiene al periodo berlinese, insieme ad altri due romanzi con richiami autobiografici, I fratelli Tanner (1907) e L’assistente (1908). In quel periodo Walser era molto interessato alle figure dei servitori: lui stesso – era già ventisettenne –  si iscrisse ad una scuola per diventarlo. La sua vita e le sue opere letterarie hanno affascinato schiere di critici: dal già citato Sebald a Walter Benjamin e a J.M. Coetzee, agli italiani Fortini, Cacciari, Magris.
Jakob von Gunten è scritto sotto forma di un diario, che riporta fatti e rapporti con educatori e compagni, ma soprattutto i sogni e le fantasie del protagonista. Come detto, si svolge a Berlino con riferimenti temporali non precisati. Anche l’età del protagonista non è rivelata ma si ritiene che debba essere prossima ai vent’anni. Jakob è fuggito da una famiglia benestante ma opprimente e si è iscritto ad una scuola per maggiordomi. L’istituto si chiama Benjamenta: L’insegnamento che ci viene impartito consiste sostanzialmente nell’inculcarci pazienza e ubbidienza: due qualità che promettono poco o nessun successo. In effetti nella scuola operano soltanto due educatori, il direttore signor Benjamenta e sua sorella, la signorina Benjamenta. I compagni si chiamano Kraus, Schacht, Schilinski, Fuchs, Pietrone, tutti di estrazione molto modesta. Jakob invece ha un padre che possiede carrozza e cavalli, una madre che ha un palco riservato a teatro, mentre il fratello Joahnn è un artista affermato e introdotto nei salotti più esclusivi.
L’obiettivo degli studenti è imparare al più presto ed entrare a servizio, un lavoro che lo stesso istituto si preoccupa di trovare loro. La disciplina è alla base di tutto e Jakob, che è una testa calda, viene spesso punito, anche in maniera corporale e non si fa soverchie illusioni circa il proprio futuro: …una cosa so di certo, nella mia vita futura sarò un magnifico zero, rotondo come una palla. Da vecchio sarò costretto a servire giovani tangheri presuntuosi e maleducati, oppure farò il mendicante, oppure andrò in malora. Nella scuola non ci sono programmi, tranne un opuscolo dell’istituto le cui regole vanno imparate a memoria. I ragazzi devono apprendere come rapportarsi nel migliore dei modi con la gente, iniziando dal comportarsi lealmente con i compagni. Con essi Jakob ha un rapporto di amore e odio e si considera più intelligente di loro. Lega in particolare con Kraus, serio, capace e diplomatico, nel quale si intravvedono le caratteristiche del futuro grande maggiordomo: Kraus ha dei princìpi, sta ben saldo in sella, a cavalcioni della sua contentezza, e questo è un cavallo su cui chi vuole andar di galoppo preferisce non salire. Jakob invece è pigro, gli piace uscire, passeggiare, fumare, bere, frequentare taverne, da solo o in compagnia. Con il direttore ha inizialmente un rapporto conflittuale, si accorge che alla sua scuola non si impara nulla e vorrebbe indietro i soldi dell’iscrizione. Va meglio con la signorina Lisa Benjamenta, di cui è vagamente innamorato. Ma la ragazza soffre di un male che la conduce alla morte. L’epilogo è attorno al suo giaciglio: il canto sommesso di tutti gli studenti che poi partono per le destinazioni che il direttore ha trovato loro. Rimane il solo Jakob, la scuola chiude e il direttore Benjamenta palesa i suoi reali sentimenti: Del resto, Jakob, e ora ti parlo con tutta serietà, ascoltami: vuoi rimanere con me, solo con me? Non m’intendi bene, lascia dunque che te lo spieghi con tutta calma. Qui siamo alla fine, capisci?… Con te, amore di ragazzo, un soffio fresco di vita, la vita stessa insomma, mi ha investito e pervaso. Qui, vedi, qui in quest’ufficio, ormai non speravo più, ero totalmente inaridito, mi ero addirittura sepolto da me stesso. Un ‘coming out’, non del tutto inaspettato per come si erano messe le cose in quella strana scuola. Alla proposta Jakob non pensa neppure troppo perché la vita richiede effervescenza, non riflessione e allora prepara i bagagli e ai accinge alla traversata del deserto. Con il signor Benjamenta. Ora è diventato un perfetto servitore.
Assolutamente da non trascurare il saggio pubblicato in appendice, Il sogno del calligrafo, in cui Roberto Calasso avvicina il romanzo di Robert Walser a Il castello di Franz Kafka. Da Jakob von Gunten nel 1995 è stato tratto il film Institute Benjamenta, or This Dream People Call Human Life diretto da Stephen e Timothy Quay.

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