Ho visto “The Lady in the Van” di Nicholas Hytner – TFF Festa Mobile

Cultore dei graffianti testi teatrali di Alan Bennett, attendevo da tempo questo film di cui avevo scritto nella recensione di Gente (People), l’ultimo volumetto dello scrittore e commediografo britannico pubblicato da Adelphi. La sceneggiatura di The Lady in the Van (La signora nel furgone è scritto in forma di diario) è dello stesso Bennett (insomma, ha messo le mani in casa…), mentre la regia è stata affidata a Nicholas Hytner che aveva portato sullo schermo anche La pazzia di Re Giorgio e Gli studenti di storia. La felice penna dello scrittore arricchisce di molto lo scarno testo pubblicato dopo la dipartita della signora nel 1989. D’altra parte, se la storia con Mrs. Shepherd è stata veramente vissuta da Alan Bennett, sullo schermo all’inizio del film compare la didascalia Una storia quasi vera. La sceneggiatura aggiunge molto rispetto alla pagina scritta ma anche toglie e così si sono perse per strada molte battute folgoranti e parecchio del dovuto humour inglese.
La vecchia e scorbutica ‘barbona’ aveva parcheggiato il suo furgone in una via di Camden Town, il sobborgo di Londra abitato dallo scrittore. Per qualche tempo lungo il marciapiede, poi direttamente nel vialetto della sua abitazione. Aveva così potuto utilizzare l’indirizzo di Bennett come recapito per ottenere gli aiuti pubblici. Il rapporto provvisorio tra i due – in origine era solo per qualche mese – si è dilatato nel tempo fino a coprire quasi un ventennio. Bennett è sempre stato combattutto tra l’irritazione per l’evidente ingombro creato dal maleodorante furgone e un sincero spirito umanitario verso la signora. Questa ambivalenza è resa nel film sdoppiando il personaggio: appare contemporanemanete come scrittore inflessibile che prende nota di tutto per poi scriverne e come semplice cittadino alle prese con una persona più sfortunata. E i due Bennett dialogano di continuo nel film (doppio ruolo per Alex Jennings, celebre attore di teatro della Royal Shakespeare Company e del National Theatre). Mi pare una delle trovate vincenti di un film che è tuttavia come un monumento all’ottuagenaria Maggie Smith. Si può affermare che Maggie Smith è Miss Shepherd, ruolo interpretato anche a teatro nel 1999. Le auguro naturalmente ancora molti anni di lavoro nel cinema, ma presumo che questa interpretazione resterà incastonata come il gioiello più prezioso nella sua lunghissima carriera. Alan Bennett in carne ed ossa si ritaglia invece una comparsata nel finale, quando all’esterno della sua casa viene inaugurata una lapide che ricorda la permanenza della signora nel furgone per tanti anni proprio lì davanti.
Miss Shepherd si chiamava in realtà Margaret Fairchild. Da ragazza aveva studiato pianoforte a Parigi con Alfred Cortot e fatto concerti, poi aveva cercato di farsi suora ma era stata respinta proprio per la sua passione per il piano, infine ricoverata in una clinica psichiatrica da dove era fuggita, fino al momento dell’incidente con il furgone che è stato all’origine della conoscenza con Alan Bennett. Una storia vera e un po’ inventata.
Gran film, si sorride molto grazie all’eccentrica signora e al suo burbero benefattore. Consensi di pubblico e di critica. Ne sono contento.

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