Ho letto “4 3 2 1” di Paul Auster

E così nacque Ferguson, e per diversi secondi, una volta uscito dal corpo di sua madre, fu l’essere umano più giovane sulla faccia della terra.
Questione di scelte e di sliding doors. Come sarebbe stata la nostra vita se ad un certo punto avessimo fatto una scelta diversa o se un fatto fosse o non fosse accaduto? Paul Auster ci pone di fronte a questa riflessione e lo fa raccontandoci quattro vite diverse e possibili di Archie, Archibald Isaac Ferguson, figlio di Rose e di Stanley e discendente da una famiglia ebraica di Minsk, Bielorussia di oggi, emigrata negli Stati Uniti e insediatasi a Newark, guarda caso città di Paul Auster (e en passant anche di Philip Roth). Con l’autore, Archie condivide l’anno di nascita, il 1947. Dopo un capitolo 1.0, comune a tutte le quattro vite in cui si raccontano le vicissitudini iniziali della famiglia in America, le 940 pagine del corposo romanzo alternano i capitoli delle vite 1, 2, 3, 4 di Archie. Che a saperlo prima, avrei letto anche più volentieri fino in fondo la vita 1, poi la vita 2 ecc. Anche perché un paio di queste si arrestano e non arrivano alla fine: gli incidenti, le malattie, si sa, possono capitare a tutti. Ma non è evidentemente ciò che voleva Auster.
Identici ma diversi, ovvero quattro ragazzi con gli stessi genitori, lo stesso corpo e lo stesso corredo genetico, ma che vivevano ognuno in una casa diversa in una città diversa in circostanze a sé stanti. Sballottati qua e là dagli effetti di queste circostanze, i quattro ragazzi avrebbero cominciato a differenziarsi con il procedere del libro...
Tre, a parer mio, sono i fili conduttori che muovono le quattro storie e l’intero libro. Il primo è la presenza della bellissima Amy, di volta in volta compagna, coetanea, sorellastra, complice, amore di una vita, semplice amica. Il secondo è la forza della scrittura che prorompe continuamente nella vita di Archie, sia come appassionato e bulimico lettore di ogni tipo di letteratura, che come ambizione personale e meta da raggiungere. Nelle quattro storie il ragazzo si dedica al giornalismo, iniziando da quello sportivo, poi la cronaca e la politica. E’ traduttore di poeti francesi, infine scrive in proprio e riesce a farsi pubblicare. L’ultimo Archie che sopravvive è quello che scrive 4 3 2 1 e chiude la storia.
Così finisce il libro, con Ferguson che si accinge a scriverlo… (…) Per cinque anni e mezzo visse in un appartamento di due stanze… lavorando costantemente al romanzo sui quattro Ferguson, che diventò libro molto più lungo del previsto...
Paul Auster alias Archie Ferguson, è fin troppo semplice. Perché nel quarto di secolo in cui è racchiuso il romanzo – dalla nascita di Archie nel 1947 ai primi anni Settanta – è racchiusa tutta la storia degli Stati Uniti, che è anche la Storia di tutti noi. E questo è il terzo fil rouge. Nelle vite di Archie Ferguson scorrono come in un film il Vietnam, il ’68, Martin Luther King, le occupazioni delle università, i Kennedy e Johnson, i campioni del baseball, il cinema, le missioni nello spazio, i diritti civili, i miti Parigi e New York… Fermamente democratico e pacifista, Archie vive intensamente tutto questo mentre nelle sue 4 vite si innervano migliaia di personaggi.
Romanzo immenso, monumentale, 4 3 2 1 è il capolavoro di Paul Auster.
…perché se Dickens gli aveva insegnato una cosa, era che le nuvole nel cielo di Londra scendevano spesso a far visita alla gente, e quel giorno sembrava proprio si fossero portate lo spazzolino da denti con l’intenzione di pernottare.

Altro di Paul Auster: (dove ritroviamo l’eco delle vite di Archie Ferguson…)
Notizie dall’interno
Diario d’inverno
Nel paese delle ultime cose
Mr. Vertigo
Sunset Park
Uomo nel buio

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